Fobia Sociale

Fobia sociale: sintomi

La Fobia sociale (o "Disturbo d'ansia sociale", secondo il  DSM-5) è un disturbo d’ansia caratterizzato da “una marcata e persistente paura di trovarsi in situazioni sociali o di compiere delle prestazioni pubbliche, dove l’individuo può provare imbarazzo” (American Psychiatric Association, 1994). Le persone con fobia sociale sono convinte che, in queste circostanze, reagiranno con evidenti e imbarazzanti segni di forte attivazione fisiologica, come arrossire, tremare o balbettare. Come conseguenza, attività come mangiare, bere, scrivere o parlare in pubblico, esprimere un’opinione in gruppo, parlare con una persona dell’altro sesso, con un superiore o una figura autoritaria possono essere evitate attivamente per sfuggire al presunto e temuto giudizio negativo degli altri.

Considerando che la maggior parte delle nostre funzioni quotidiane implicano il contatto con altre persone, la fobia sociale può essere un disturbo estremamente invalidante, che usualmente provoca intenso disagio in chi ne soffre e spesso anche a chi gli sta vicino.

Inoltre, se si considera che il disturbo è cronico e non si risolve se non trattato, si comprende quale impatto negativo possa avere sulla qualità dell’intera vita dell’individuo, condizionandone scelte e decisioni importanti. Nei casi più gravi può spingere a ritirarsi dagli studi, rifiutare incarichi lavorativi prestigiosi e, addirittura, rinunciare ad avere una vita sentimentale. Ne consegue che il Disturbo Depressivo Maggiore sia il disturbo secondario più frequentemente associato alla fobia sociale.

Gli studi epidemiologici suggeriscono che la fobia sociale sia il disturbo d’ansia più frequente, con una prevalenza nel corso della vita stimata tra il 13 e il 14%. L’età d’insorgenza è variabile: mentre alcuni studi indicano l’adolescenza come l’età media di insorgenza, molti altri stimano che il periodo di maggiore rischio per sviluppare questo disturbo sia molto precoce, tra i 5 e 9 anni.

Questi dati, insieme, sottolineano l’importanza di comprendere a pieno i fattori di rischio, per una valida prevenzione nei soggetti più esposti, e l’individuazione di metodi di intervento efficaci e rapidi.

La comprovata efficacia della terapia cognitivo-comportamentale in ambito clinico fa di questo approccio la scelta d’eccellenza per intervenire su un’ampia gamma di disturbi psicologici, in particolare ansia e depressione.


Fobia sociale: "cause"

Il nucleo centrale del disturbo, secondo uno dei modelli teorici più accreditati (Clark e Wells, 1995), è costituito da una triade di distorsioni cognitive che riguardano:

  • percezione distorta di sé
  • distorsioni circa il giudizio degli altri
  • convinzioni disfunzionali circa le conseguenze del fallimento di una prestazione in pubblico.

L'individuo affetto da fobia sociale, quando è esposto a situazioni sociali, tende ad aumentare l'attenzione su di sé ("attenzione selettiva"), concentrandosi su ogni piccolo segnale del proprio corpo che ai suoi occhi può costituire una fonte di imbarazzo. Di conseguenza, l'effetto percepito di questi segni, nella maggior parte dei casi, è molto maggiore di quello che è visibile all'esterno.

Tuttavia, il fobico sociale si crea un'idea del giudizio degli altri a partire da informazioni interne, quindi sulla base delle sue percezioni (il più delle volte amplificate dall'attenzione selettiva). Si convincerà quindi che gli altri vedranno chiaramente il suo rossore, il tremore, la voce incerta ecc. e pertanto lo giudicheranno male (ansioso, debole o strano). Nel tentativo di rendere meno visibili questi segni, il fobico sociale metterà in atto dei comportamenti ("comportamenti protettivi"), come evitare di parlare, tenere più saldamente gli oggetti che si hanno in mano, non guardare gli interlocutori negli occhi ecc. Comportamenti che hanno però l'effetto di amplificare i sintomi e alimentare il circolo vizioso che conduce ad una escalation di ansia.


Fobia sociale: come curarla?

Il primo passo per vincere l'ansia consiste nella costruzione di un modello concettualizzato del caso specifico. Per ogni paziente vanno individuati i pensieri automatici negativi che emergono durante le esposizioni sociali (cioè il dialogo interiore in quei determinati momenti) e ricostruite le convinzioni disfunzionali sul sé, gli altri e le rigide regole di comportamento che i fobici sociali tendono ad imporsi (es: "non devo assolutamente apparire nervoso davanti agli altri"). Solo in un secondo momento si passerà alla ristrutturazione cognitiva, che aiuterà il paziente a comprendere quanto le sue convinzioni disfunzionali siano il frutto di errori di ragionamento ("bias cognitivi"), come "l'attenzione selettiva" (eccessiva concentrazione su di sé e il proprio corpo, con conseguente amplificazione della percezione dei sintomi), la "deduzione arbitraria" (es: sentire un brusio durante il suo discorso e pensare che nessuno lo stia ascoltando perché noioso), la "catastrofizzazione" (es: considerare la propria prestazione in pubblico un totale fallimento perché la propria voce non è stata sempre ferma e decisa) ed altre ancora.

Una parte importante del lavoro con pazienti affetti da fobia sociale, nella mia esperienza clinica, si è rivelato l'uso di videoriprese per mostrare loro come appaiono da una prospettiva esterna durante situazioni sociali: rivedendosi nei filmati acquisiti durante interazioni sociali strutturate, molti pazienti si sorprendono di quanto la loro prestazione fosse molto migliore di quanto pensassero. E' uno strumento particolarmente efficace con quei pazienti in cui c'è un forte contrasto tra la percezione interna dei sintomi (rossore, tremore, sudore ecc.) e quello che appare all'esterno. Tuttavia, è anche un intervento molto delicato e va usato solo dopo un'accurata valutazione iniziale: esistono infatti pazienti in cui effettivamente i sintomi sono molto evidenti e, in casi come questi, sarebbe addirittura controproducente.

In questi ultimi casi, bisogna invece insistere sulla ristrutturazione cognitiva riguardo alla paura che le proprie prestazioni in pubblico abbiano conseguenze catastrofiche e alla paura del giudizio negativo degli altri.

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